
Le novità in Google Ads non mancano (a questa pagina tutti i riferimenti, aggiornati). Una in particolare ha attirato la mia attenzione: il rilascio a livello globale delle Discovery Ads, una tipologia di campagne Display diversa dalle altre.
Search Engine Land scrive addirittura che le Discovery potrebbero drenare budget destinato ai social media (“benvenuti in Google Ads, Social Media Marketers”). Inoltre su diversi blog di settore leggo risultati entusiasmanti (“+153% di sessioni!” oppure “-25% di CPA!”). L’enfasi non manca. Fare test potrebbe ridimensionare i punti esclamativi in eccesso.
Voglio comunque approfondire un po’ cosa sono le Campagne Discovery e rifletterci su, anche perché si tratta di un ambiente particolare, Discover, e potrebbe avere valore operativo interessante nel messy middle, la caotica fase che si trova nel mezzo tra scoperta e acquisto.
Un passo indietro: Discover (e SEO)
Discover è un feed di notizie presente nell’app di Google. Questo feed mostra, in maniera abbastanza profilata, articoli e post su prodotti e servizi, news di attualità e più in generale topic su quella parte di realtà che mi interessa ora e che Google ha intercettato grazie alle ricerche effettuate, ai siti visitati e tutto il resto. La selezione si adatta facilmente al mutare dei miei interessi; se questa adattabilità si mantiene, questo ambiente diventa un ottimo touchpoint.
Discover, inoltre, riceve le attenzioni di molti SEO (segnalo in particolre, il video “La Piramide SEO di Google Discover” di Giorgio Taverniti), perché può generare tantissimo traffico. Quindi è un ambiente da studiare, anche senza Ads.
Come funzionano le campagne Discovery Ads?
I dettagli operativi sono ben spiegati nella guida ufficiale. In sintesi:
- sono campagne orientate soprattutto alle conversioni (“generare conversioni con i tuoi media su larga scala”, dice Google), ma sono utili anche in fase di scoperta;
- lavorano su profili selezionati in base alle loro ricerche recenti;
- gli annunci girano su tre degli ambienti principali di Google: YouTube, Gmail e, appunto, Discover.

(fonte immagine: https://www.blog.google/products/ads/discovery-ads/)
Per chiudere il cerchio, servono:
- il budget da impiegare;
- l’indicazione di un CPA target (cost per action, ndr) che farà da bussola al machine learning;
- creatività di alta qualità (su questo Google insiste moltissimo).
Da qui in poi ci pensa Google.
Capire e coprire il messy middle
Il messy middle è l’insieme delle fasi del percorso di acquisto che avvengono tra il primo trigger e l’acquisto effettivo. In uno studio di 98 pagine (in inglese) apparso su Thinkwithgoogle “Capire il “messy middle”: come le fasi centrali del percorso d’acquisto influiscono sulle decisioni finali degli acquirenti“ viene sottolineato e approfondito come “Il modo in cui le persone prendono decisioni è caotico e lo diventerà ancora di più”.
Il tema è molto vasto e lo riporto soprattutto come spunto. In questo contesto, uno strumento duttile come Discovery Ads, che lavora su segmenti in-market, che intercetta e ci propone i contenuti che ci interessano (magari recensioni e video di prodotti che stiamo valutando) e contestualmente ci presenta annunci in vari ambienti con una frequenza che si adatta al nostro comportamento, potrebbe essere una delle risposte operative all’esigenza strategica di esser presenti mentre i clienti esplorano le varie opzioni.
Tutto bello bellissimo wow?
Tiriamo le somme su quel che è emerso sin qui.
Aspetti positivi: machine learning focalizzato sulle conversioni ma che può funzionare anche come trigger iniziale; pubblico potenziale enorme (quindi può andar bene per diversi settori); possibilità di creare segmenti precisi in base alle ricerche degli utenti e cercare di entrare nella loro sfera di attenzione mentre si informano, cercano spunti su YouTube o leggono le mail. Ci sono diverse cessioni di controllo, ma sono accettabili se queste campagne fanno ciò che promettono.
Aspetti negativi: oltre alla perdita di controllo su diversi dettagli e il ruolo di Gmail che non è sempre performante, ci sono anche considerazioni che riguardano i tempi di apprendimento e reazione; Google suggerisce infatti di lasciar apprendere la macchina per almeno 2 o 3 settimane e attendere circa 40 conversioni prima di iniziare a ottimizzare le campagne. Sono probabilmente riferimenti da prendere con le molle, ma possiamo aspettarci tempi lunghi prima di poter fare modifiche, che poi richiederanno tempi altrettanto lunghi per essere verificate.
Inoltre Google suggerisce anche di destinare un budget giornaliero circa 10 volte superiore al CPA target. Per fare un test con queste campagne si deve saper gestire bene il budget complessivo e progettare con cura.
Quindi è ragionevole costruire in parallelo anche campagne tradizionali, dato che servono come riferimento per verificare se le Discovery lavorano meglio (o peggio) delle altre.
In conclusione. Più precisione o più aerodinamicità?
Ogni volta che leggiamo machine learning sappiamo che abbiamo meno controllo dei dettagli (e quindi precisione) in cambio della promessa di avere una maggior aerodinamicità delle campagne – che però è da verificare, di volta in volta.
Io appartengo a una tradizione di consulenti che preferisce costruire campagne dove ho una gestione completa, soprattutto nelle fasi iniziali, e solo in secondo momento lasciare che l’AI faccia il suo lavoro.
È solo uno degli approcci possibili, ovviamente, ma io parto da lì, ovvero dalla parte opposta delle campagne automatiche di Google. Nonostante questo sia il mio approccio – per ora – per quel che ho visto sin qui sono dell’opinione che le campagne Discovery siano un formato – e un approccio – da testare a fianco di campagne tradizionali.
Se hai bisogno di affrontare o rivedere le basi di Google Ads, c’è il mio corso. Se invece hai domande, dubbi o altro, c’è il gruppo Digital Update su Facebook.
Fonte immagine: https://www.thinkwithgoogle.com/intl/it-it/capire-percorso-acquisto-consumatori/