Durante un’intervista, un giornalista chiese a Mario Monicelli come mai il cinema italiano non sapesse più rappresentare la società quanto negli anni ’60 e ’70, periodo d’oro della commedia all’italiana, della quale fu uno dei registi più rappresentativi.
Monicelli rispose, senza esitare:
La commedia all’italiana è finita quando i registi hanno smesso di prendere l’autobus
facendo intendere che quel tipo di cinema non era più in grado di rappresentare la realtà perché i registi avevano smesso di nutrirsene.
Quel prendere l’autobus la prendo come una metafora applicabile a qualsiasi attività che richiede – da parte di chi la esegue – una certa dose di capacità di osservazione, interpretazione e analisi della realtà, tra etnografia e antropologia.
Da queste due discipline delle scienze sociali (in particolar modo negli ultimi trent’anni, da quando più o meno si parla di Human Centered Design), il design ha adottato pratiche e strumenti per conoscere meglio le persone, capire come interagiscono e quali bisogni soddisfano con i prodotti e i servizi che usano.
Mettere le persone al centro della progettazione significa quindi prevedere momenti di coinvolgimento che indaghino sulle loro ricerche durante ciascuna fase del progetto.
Proviamo a capire meglio facendoci guidare da questa metafora.
O meglio, quale tipo di ricerca ci permette di ottenere risposte che ci aiutano a prendere decisioni di design?
Partiamo dal presupposto che gli strumenti di ricerca a disposizione dei designer possono essere di due tipi:
Ora, ricordate le cinque fasi di un processo di Design Thinking applicate ad un progetto?
Bene, per ciascuna fase la ricerca dovrà stimolare un particolare tipo di feedback da parte delle persone; l’insieme e la successiva categorizzazione delle evidenze che otterremo serviranno a informare e ottimizzare i processi di progettazione e le funzionalità del prodotto o del servizio per il quale stiamo lavorando.
Prima di vedere quali sono le mete e le rotte dell’autobus, capiamo quali sono le condizioni necessarie perché la ricerca dia i suoi frutti.
Le condizioni necessarie sono tre, e si riferiscono tutte a capacità e attitudini del designer:
Adesso non ci resta che capire quali siano le nostre mete, quindi gli obiettivi che vogliamo raccogliere tramite la ricerca con le persone, e le rotte che seguiranno i nostri autobus, cioè le strade che possiamo intraprendere e che ci permetteranno di ottenere le risposte per le scelte di design che faremo.
La meta e la rotta sono funzionali al momento del processo di design in cui ci troviamo, per ricordartele in breve:
Vediamo nel dettaglio.
Meta: in questa fase il progetto è nel momento della definizione degli obiettivi strategici e di business o, se vogliamo semplificare, di concept. In questo momento coinvolgiamo le persone per comprendere i modelli mentali, le abitudini, i processi e i bisogni riguardo all’uso e all’interazione con il prodotto o servizio.
Rotta: in questo caso ci aiutano le interviste biografiche, indagini qualitative poste sotto forma di interviste semi-strutturate, che permettono di approfondire argomenti molto specifici attraverso l’esperienza diretta dell’intervistato.
Non sono l’unico strumento di indagine a disposizione, ne abbiamo diversi e adattabili al tipo di evidenze che interessa far emergere. Tra gli altri possiamo citare i cultural probes, le attività di journaling o le osservazioni contestuali.
Meta: il progetto è in fase di esecuzione; la ricerca aiuta a individuare criticità che si possono sistemare in corso d’opera senza dover mettere mano in modo invasivo alla UI o al codice front-end. In questa fase sono di fondamentale aiuto i prototipi, ossia rappresentazioni – su diversi gradi di fedeltà – del prodotto che stiamo progettando: ci permettono di testare task e funzionalità specifiche con le persone.
Rotta: possiamo testare i prototipi attraverso test di usabilità, o design test.
Jared Spool ci aiuta a capire in maniera molto semplice che:
It’s not user testing, it’s usability testing. We’re not testing users, we’re testing design.
Questi test sono moderati da un ricercatore/trice che, sottoponendo dei task agli utenti, solleciterà il loro feedback e mapperà le criticità incontrate, perché si traducano in migliorie di design e codice.
Possiamo utilizzare anche altri approcci, come il card sorting (se vogliamo testare l’architettura informativa) e gli A/B test (indagini quantitative per pesare quale tra due soluzioni sia la migliore).
Il processo si conclude con l’analisi delle evidenze e con la messa a sistema degli insights affinché siano condivisibili e “digeribili” dal resto del team e dagli stakeholders.
Per semplificare e rendere più umane le evidenze possiamo utilizzare strumenti come:
Mettere le persone al centro dei processi di design richiede dunque uno sforzo non solo in termini di attività e approcci, ma anche di astrazione dai ragionamenti e dalle decisioni prese seguendo assunzioni, trends o analytics letti senza considerare la profondità dietro i numeri.
Nella nostra live masterclass del 15 e 21 di settembre avremo modo di imparare, attraverso la teoria di base alternata a esercizi pratici:
Photo by Lucia Lua Ramirez on Unsplash
Riceverai gratuitamente: