Immaginare i numeri, soprattutto quelli grossi, è possibile? Solo le persone che sono abituate a lavorare con i dati e con i numeri li immaginano chiaramente: nello loro mente questi numeri occupano un volume, uno spazio e un rumore. Per tutti gli altri – me compresa – è difficile emozionarsi con i numeri, è difficile che un numero sia memorabile, è difficile ricordarlo.
I numeri possono diventare memorabili, possono far sì che il mio pubblico si ricordi proprio quel dato lì, quello che io (che sono colui che sta parlando quindi il leader di questa presentazione) voglio che sia ricordato.
Sapete cosa capita se inserite nella slide tabelle o grafici?
Ci sono due possibilità:
Quelle domande le abbiamo suggerite noi speaker al nostro pubblico, mettendo nella scenografia alle nostre spalle l’intera tabella e/o grafico, un dato troppo complesso per una presentazione, dove uno dei capisaldi è less is more.
Ecco perché sconsiglio di mettere grafici e tabelle nelle presentazioni, soprattutto in quelle slide che vengono proiettate alle nostre spalle.
Lo so che sia grafici che le tabelle sono una “coperta di Linus”, che molti obietteranno che “si è sempre fatto così”, che pensiamo che il grafico o la tabella Excel legittimino le nostre parole perché se mostrati in altra forma i numeri “sembrano inventati”.
Vi dico una verità scomoda: posso inventare i numeri anche inserendoli in una grafico o tabella Excel.
Quindi ora che ho contestato alcune brutte abitudini, torniamo a parlare di come possiamo raccontare delle storie con i numeri.
Siamo tutti d’accordo che l’abito fa il monaco? Ne ho argomentato a lungo qui su c+b.
E allora rendiamo memorabili i numeri scegliendo l’abito giusto.
È un esercizio mentale meraviglioso e super efficace quando si entra nel meccanismo: basta cambiare un poco punto di vista e fare un passo verso l’efficacia.
Se vi dico “Microsoft scrive che nel 2013 sono stati spediti e confezionati 30 milioni di PowerPoint al giorno”, come faccio a far sì che il mio pubblico si ricordi questo numero?
Sto nel qui e ora e racconto una storia che coinvolga il mio pubblico.
Una storia nella quale il mio pubblico si può riconoscere.
Immaginiamo di essere a Roma. Sapete quanti abitanti ci sono a Roma?
Circa 3 milioni.
E allora tutti insieme immaginiamo di passeggiare per Roma in mezzo a tutta la tipica entropia romana, in mezzo a tutte queste persone, in mezzo al rumore di quella Roma che tutti conosciamo.
Ed ecco all’improvviso una consapevolezza: tutte le persone che mi circondano, ma proprio tutte (anche il bambino nel passeggino o il nonnino che prende il caffè al bar), quel preciso giorno hanno prodotto e spedito via mail 10 presentazioni.
10 a testa: un numero molto piccolo, un numero che riusciamo a immaginare, toccare e sentire perché lo possiamo tenere in mano, eppure per quei 3 milioni di abitanti di Roma questo numero diventa 30 milioni.
Ed ecco che i 30 milioni di Power Point cominciano ad avere una forma, ad occupare uno spazio e ad avere addirittura un rumore nella mente del mio pubblico.
È così che si raccontano storie con i numeri.
È così che le persone ricorderanno quel numero. I numeri possono essere umanizzati. I numeri possono essere usati per raccontare storie: basta osare, essere coraggiosi, scriverli grossi e usare le analogie.
Questo mio racconto sono certa che sia stato molto più efficace di una slide con un grafico torta o con una tabella che mi avrebbe potuto far vedere rispetto al 2012 e al 2014 quante presentazione in ppt erano state inviate nel mondo.
E la slide che sostiene questo mio racconto è pulita, semplice, efficace e va dritta al punto. Può esser fatta così:
Prendiamo spunto dal linguaggio delle infografiche per raccontare le nostre storie con i numeri. E mi raccomando: pochi numeri, grossi e memorabili.
Non sto suggerendo di mettere nelle vostre slide un’infografica come quelle che vediamo leggendo il sole24ore o surfando su Google da soli alla ricerca di quale bevanda contiene più caffeina: non vogliamo far fare quel tipo di sforzo mentale al nostro pubblico.
Ispiratevi al linguaggio visivo di queste infografiche, e poi semplificate.
L’infografica nasce per la carta, per esser letta e compresa da una persona da sola con i suoi tempi, non per esser proiettata in un contesto dove il tempo viene dato dallo speaker.
E come ha raccontato la mia partner in slide, è importantissimo avere il controllo del tempo della presentazione.
Se mettiamo troppi elementi nella scenografia della slide alle mie spalle quel tempo lo sforerò, o richiederò troppo sforzo mentale al mio pubblico per seguirmi nel discorso.
Questa è una delle tecniche usate durante le presentazioni di Apple, il cosiddetto Apple Approach: Phil Shiller e Tim Cook per raccontare i numeri di Apple usano modi molto efficaci e memorabili.
Quando Phil Shiller, vicepresidente di Apple, ha presentato il nuovo MacBook Pro ha detto che era solo 0,71 pollici (se ho fatto bene i conti sono meno di 2 cm) per poi aggiungere “è più sottile del mio dito”. Con questa frase Shiller ha inserito un numero in un contesto rilevante per il pubblico. Ha reso concreto qualcosa che di solito percepiamo come astratto.
Tim Cook invece, ogni volta che durante il talk menziona una statistica, inserisce un solo numero nella slide, quello che il pubblico si deve ricordare, e non solo: lo scrive grosso, che si legga dalla prima all’ultima fila.
Vi saluto lasciandovi 3 consigli per una data-storytelling efficace.
Fare una buona presentazione è una questione di leadership.
Anche raccontare storie con i numeri per dar loro valore è una questione di leadership.
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